Leggo dell’ennesimo caso di violenza sessuale sui giornali e il risentimento, la rabbia, l’indignazione prevalgono sopra ogni altro stato d’animo. Il mio mestiere mi ha portato, ahimè, diverse volte ad interessarmi a casi di stalking e molestie, in verità non solo ai danni del genere femminile, anche se ne rappresenta pur sempre la maggioranza.
Aldilà di quella che è la mia consulenza lavorativa, leggo sempre negli occhi di chi si trova a subire simili traumi, un atteggiamento dimesso, fragile, totalmente inibito e pur mantenendo la mia tempra di professionista al servizio del cliente, spesso mi è capitato, a freddo, di ripensare al dolore ed allo spavento letto negli occhi di chi mi chiede aiuto.
Il mestiere dell’investigatore privato è sempre stato un lavoro affascinante ma anche molto delicato. Il contatto diretto con le persone, il ruolo quasi di “confessore” che ci si trova a ricoprire, la pazienza e la tenacia che bisogna avere per andare fino in fondo ad un problema, ci inquadra quasi un un’aura al di sopra dei fatti, degli eventi, ma mantenere il sangue freddo non è gioco da poco.
Non ci è concesso emozionarci, farci coinvolgere, ma soprattutto non ci è concesso “parlare” per preservare la privacy di chi ci dà fiducia, potrei anche azzardare un preservare i “segreti” di chi necessita del nostro aiuto.
Il mestiere dell’investigatore privato è qualcosa che bisogna amare, devi in qualche modo fare tuoi i casi che ti vengono affidati, restandone sempre un passo fuori, che si tratti dalla big Company che ti affida la sicurezza del proprio patrimonio aziendale o del piccolo privato che vede in te l’unica ancora di salvezza per uscire fuori dal tunnel dei dubbi, delle incertezze che corrodono dentro fino quasi a farti perdere il senno.